La tua vita e l’articolo 18…
Avverto l’esigenza di condividere questa personale riflessione su un tema – quello dell’art. 18 – che da qualche anno, di tanto in tanto, torna di prepotente attualità, per poi essere rimesso nel dimenticatoio, per poi rifiorire ogni nuova stagione. Addirittura in queste ore pare che possa provocare la scissione del sedicente Partito Democratico…
Un sindacato (denominato CGIL) ha già deciso che tornerà prossimamente in piazza per difendere questo baluardo dello Statuto dei Lavoratori, mentre le altre due sigle maggiori (CISL e UIL) devono ancora decidere il da farsi.
Bene: facciamo che questo post si rivolge in particolare a chi vive AL DI FUORI di un tale curioso siparietto. Per comodità e sintesi, definiamo questo luogo LA REALTÀ.
ARTICOLO 18 DI CHE? E DI CHI??
Proprio ieri, pranzando in compagnia, mi stavo facendo spiegare da un’amica dottoressa (impiegata in un ospedale PUBBLICO) la differenza fra un “contratto” e l’altro tra quelli che al momento potrebbero motivare la sua decisione se spostarsi o meno da un datore di lavoro all’altro. Bene: la dottoressa in questione (in un Pronto Soccorso nel pubblico!!!) lavora già da anni con Partita IVA (le fatture sono presentate e pagate da un unico e solo soggetto, ovvero non sono usate per farsi pagare prestazioni da clienti differenti) e, anche nel caso lei decidesse di spostarsi, è certa fin da ora che il mitologico ARTICOLO 18 non farebbe parte della sua vita.
Anche la mia, a ben pensarci, non è mai stata “garantita” dall’Articolo 18. E mi sa che anche gran parte della gente “lavorativamente attiva” (occhio: NON IMBOSCATA) che conosco non ha nulla da spartire né con Sindacati, né con l’Articolo 18.
E la tua?
Qualcuno potrà obiettare: ma come, e i tuoi genitori entrambi ex infermieri, chi o cosa devono ringraziare se nessuno ha mai potuto licenziarli, garantendo così che arrivassero sani e salvi alla pensione?
Al riguardo la mia risposta poteva essere: (probabilmente) il loro senso di responsabilità e dedizione al lavoro, la coscienza NEL LAVORO QUOTIDIANO di dare il meglio di sé… Sinceramente non mi sarebbe venuta in mente garanzia più giusta e nobile contro il rischio di un “licenziamento ingiusto”.
E invece no. La risposta esatta è l’Articolo 18.
Puoi anche essere un irresponsabile, uno scansafatiche, un imboscato, un indolente cronico, o comunque uno che assomiglia abbastanza al modello “umano” che spesso incontrate quando in Italia cerchereste “il minimo sindacale” di responsabilità/professionalità e invece non lo trovate neanche per sbaglio (Pubblica Amministrazione, Sanità, grandi aziende nazionali…). Beh?? Che vuoi?? Non mi vorrai mica licenziare, ti porto in tribunale e poi vediamo. Anzi mi metto già in malattia e mi faccio pure riconoscere i danni morali…
(Ah, poi dice che c’è in Italia anche la Giustizia bloccata…).
E invece, fuori da questa favola chiamata Articolo 18, c’è il nostro mondo reale di oggi, dove CHI DAVVERO VALE, se proprio trovasse (ancora) un lavoro in Italia, apre Partita IVA, inizia un Co.Co.Co. (o simile), si fa qualche anno di prova (da stagista o in nero o giù di lì…) e comunque lavora in posti generalmente con MENO DI 15 DIPENDENTI e dove Sindacato è un termine in voga più o meno quanto il termine “caccavella”.
E allora, come dicono a Roma, “de che stamo a parlà???”.
Appunto, cari politici, quando avete sbrigato le vostre diatribe sull’Articolo 18, ritornate fra noi e guardatevi un po’ intorno per capire come, e dove, sta andando il mondo…
Condivido, Raffy.
L’art. 18 è uno dei tanti residuati del secolo scorso.
E la “battaglia” serve, come quella per il Senato e tante altre, a deviare l’attenzione proprio dalla “realtà”.
Che è tragica, e sul punto di esplodere.
Appunto, DISTRAZIONE di massa :((